La statale 21 Alessandria-Casale, a metà strada, stupisce il viaggiatore per la vista originale del colle, dove nasce l’antico centro di San Salvatore Monferrato. Cattura la sua attenzione specialmente la torre, che fu terminata nel 1413 dal marchese Teodoro II Paleologo, Signore del Monferrato (1360-1418). La torre è una testimonianza importante dell’imponente sistema di avvistamento ideato dai Marchesi del Monferrato.
Il comune merita una visita. Da una parte la natura: dal paese ci s’innamora di un raro scenario sul Monferrato, nella cornice felice di vigneti e boschi, dove si scoprono luoghi insoliti, come una casa su un albero e la big bench color fucsia presso la Cascina Olimpia. Nelle vicinanze ce ne sono altre due da visitare. Poi c’è l’incontro con la storia di un paese tuttora vivace, ricco di punti d’incontro: enoteche, ristoranti e pizzerie ricavati in luoghi affascinanti, tra palazzi barocchi e ottocenteschi, con il caratteristico gruppo della chiesa di San Siro. Le strade tortuose di San Salvatore Monferrato conducono in spazi ricchi di memorie e ville gentilizie attorniate da parchi, come Castel Merlino e Villa Ceriana-Mayneri.
Il percorso, però, deve iniziare dalla gigantesca torre voluta dall’esperto militare e intelligente statista che fu Teodoro II. Alta 24 metri, la torre si trova su una collina di 257 metri. Si presenta come un poderoso monolito in mattoni a vista, a base quadrata con i lati esterni leggermente rastremati, larga sette metri, I muri sono spessi quasi due. La superficie interna della torre è di tredici metri quadrati. Si sale alla sommità con delle scale mobili poggiate su ripiani di legno. Annessa vi è ancora l’antica cisterna interrata per la raccolta delle acque.
Il marchese era attento a difendersi dagli assalti dei Visconti e dei Savoia, i cui domini confinavano col Monferrato. La costruzione della torre fu iniziata nel 1405, con altre, più per avvistamento che per difesa. Torri, quindi, segnaletiche, dalle quali con specchi e fuochi si trasmettevano al marchese notizie sui movimenti di eserciti nemici. La posizione confinaria di San Salvatore con lo Stato dei Visconti, in possesso di Valenza, richiedeva qui, più che altrove, una torre di avvistamento, soprattutto dopo il tentativo del 1403, quando Gabriele e Cristoforo Guasco, capi dei guelfi alessandrini, provarono la conquista del paese ma, sconfitti e catturati, furono decapitati per ordine del condottiero Facino Cane.
La torre presenta su un lato, quello a sud-est, un gran buco slabbrato alto circa tre metri, di non chiara origine, e fu restaurata in varie epoche, come traspare della documentazione degli Archivi di Selezione Separata e di Deposito del Comune. La grande breccia probabilmente era il punto in cui anticamente si trovava il varco d’ingresso.
Negli anni Settanta del Novecento, per merito dell’avvocato Carlo Palmisano, sindaco di San Salvatore, fu completato l’ottimo restauro e dichiarata zona verde e monumentale l’area circostante.
Il sistema di difesa del Monferrato è evidente su tutto il territorio vicino a San Salvatore, con torri simili a Conzano, Lu, Rinco e Viarigi. La maggioranza di queste torri non è arrivata ai giorni nostri perché fu atterrata nelle guerre del Settecento tra Francia e Spagna.
Ancora nell’Ottocento, il bel rudere fu strategico come punto di segnalazione e comunicazione. Lì si trovavano, tra il 1° e l’11 maggio 1859, Vittorio Emanuele II, comandante in capo delle truppe del Regno di Sardegna, Garibaldi e Napoleone III. Accanto alla torre di Teodoro II Paleologo, a Villa Pona, c’era il Quartiere generale di Sua Maestà, alleato di Napoleone III contro l’Impero d’Austria.
Lasciando il paese, merita una visita il cimitero. Lì è sepolto lo scrittore Igino Ugo Tarchetti, uno dei maestri della Scapigliatura, epifenomeno tardoromantico e insieme difficile avvio verso la nuova civiltà letteraria del decadentismo. Nato a San Salvatore Monferrato il 29 giugno 1839, Tarchetti diventò famoso a Milano, pubblicando i suoi lavori, che spaziavano dal romanzo sociale alla ghost-story, espressione di un tormentato egotismo romantico. Dopo le disfatte di Lissa e Custoza, Tarchetti si distinse come una voce fuori dal coro, contro il militarismo e la tradizione più gretta rappresentata dall’istituzione militare. Morì, non ancora trentenne, a Milano, il 25 marzo 1869. Tarchetti è l’autore del celebre romanzo Fosca (da cui è stato tratto, nel 1981, il film di Ettore Scola, Passione d’amore) e del meno noto Una nobile follia, romanzo antimilitarista che anticipa i saggi sulla nonviolenza di Lev Tolstoj, propugnando l’idea dello smantellamento degli eserciti, invitando alla diserzione. Idee che, al tempo della pubblicazione, erano considerate da gran parte dell’opinione pubblica scandalose, immorali e sovversive. Idee, però, straordinariamente attuali oggi. Come attuale è lo scenario del romanzo: la guerra in Crimea, durante la Campagna d’Oriente, quando il Piemonte di Vittorio Emanuele II si alleò con Francia, Inghilterra e Impero ottomano contro la Russia dello Zar Nicola I.