Vittore e Corona a Montemagno

Ognuno di noi conserva nella memoria luoghi, colori e profumi inconfondibili, di quelli che basta per un attimo chiudere gli occhi e concentrarsi per trovarsi catapultati esattamente in quel posto e rivivere le emozioni provate.

Ecco, potrei dire che, a parte il vago ricordo di una 128 che ho visto passare in paese e il sentore dell’umida nebbiolina che ti penetra come un coltello affilato nelle ossa, il ricordo di Montemagno è più che labile. Invece no, è proprio uno di quei borghi che ho avuto piacere di gironzolare più di una volta e nel quale tornerò presto perchè mi manca ancora un luogo per me fondamentale, ma del quale per ora non dico nulla.

Superato il paese di pochi metri, sotto lo sguardo severo ma alticcio del castello che domina la collina di Montemagno (e dalla quale si possono anche fare ottime fotografie grazie al sagrato panoramico della parrocchiale) si allunga la gita fino al poggio opposto, appena dopo il cimitero, non tanto per andare a camporellizzarsi nell’ampio parcheggio vista vigneti, quanto per scoprire una delle chiese romaniche più scenografiche del Monferrato. Cioè, quel che ne resta.

 

Sarebbe infatti meraviglioso se la storia ci avesse donato una chiesa volutamente costruita solo in parte e lasciata così come la vediamo oggi, andrei personalmente a riesumare chi l’ha costruita e gli stringerei la mano per averla progettata così. Purtroppo però la storia ha ben altri progetti e di certo non ascolta i miei inutili schiamazzi notturni con il clacson.

Così ammiriamo i poveri resti di un’antichissima chiesa romanica, pare risalente al 1145 che, grazie all’incrollabile fede di uno stampellone in mattoni malconci e alla 104 devoluta ai fedeli in preghiera incessante, sorregge da solo lo splendido campanile in dolce stil novo che da svariati secoli si è meritato la pensione d’invalidità.

Più volte colpita da crolli, maremoti, scioperi dei pullman e scriteriate aperture nella crosta terrestre, la chiesa romanica di Montemagno ha avuto ancora un ultimo sussulto di bell’aspetto fino a quando anche Papa Ermenegildo VIII ha abbandonato il cantiere, scagliando nel vuoto la cazzuola, ormai scoraggiato dall’ennesimo crollo.

Oggi è paciosamente dedicata al culto dei due martiri detentori del record mondiale di torture ed effrazioni subite, i Santi Vittore e Corona, che agirono in borghese per conto della cristianità in quel di Alessandretta, fino al 171 d.c. quando si tenne la Summer of Love Torturation Festival, la celebre manifestazione di epurazione religiosa che da quasi

200 anni mieteva vittime più o meno illustri. Ecco il menù completo del martirio stilato in persona dallo chef stellato Hans M. “degustazioni e taglieri con professionalità dal 1931”. Radiocronaca affidata a Sandro Ciotti.

 

Scusa Ameri intervengo brevemente da Alessandretta! Al 7′ vengono spezzate le giunture a Vittore a badilate. Linea allo studio. Scusa Ameri! Siamo al 16′ e Vittore viene gettato in una fornace ardente per tre giorni! Clamoroso dallo stadio di Alessandretta! Al 28′ del primo tempo del martirio arriva uno spericolato sorbetto dalla destra con veleno di cobra reale, breve spennellata di olio bollente al centro su tutto il corpo e degustazione di wasabi fritto direttamente dall’all you can eat di Asti Est!

43′! Vittore disteso sull’aculeo e arso vivo con fiaccolata notturna e dardi incandescenti! Il pubblico rumoreggia (pare 73mila tifosi nella curva dedicata agli abbonati del martirio). Incredible, si va all’intervallo con Vittore ancora in ottime condizioni e fresco come una rosa. Improvvisamente però dalle tribune viene prelevata a forza l’esagitata tifosa Corona, trasportata a bordocampo, legata a testa in giù a due palme piegate che, raddrizzandosi improvvisamente la aprono in due come una scatoletta di tonno insuperabile. Una prece per Corona! E una Corona per gli assetati spettatori.

Inizia il secondo tempo del martirio di Vittore con un nuovo menù degustazione, questa volta con torta di calce viva aromatizzata alla sbrisolona, al 12′ della ripresa viene accecato con punte acuminate, poi gli strappano gli occhi e lo agghindano a testa in giù per altri tre giorni. Infine, già che ci siamo, una bella scorticata su tutto il corpo (massì, checcefrega…). Nonostante tutto il risultato è ancora fermo sullo 0-0 con Vittore ben saldo nelle sue convinzioni religiose e gli aguzzini ormai stanchi e frastornati dalla sua stoica resistenza da navigato catenacciaro. Si teme infatti il gol di Vittore in contropiede e invece, al 90′, ecco il colpo di genio al quale nessuno aveva pensato prima: decapitazione! Fischio dell’arbitro e Vittore raggiunge gli spogliatoi dell’eternità, questa volta sconfitto.

“Ma farlo subito no?” questa è la domanda che riecheggia al bar dello sport di Montemagno nei giorni successivi. Per la cronaca, pare che pezzi sparsi dei due martiri si trovino oggi un po’ a Feltre, Osimo, Otricoli e addirittura a Praga, dove però almeno scorre birra e gnocca a volontà.

Un viaggio tutto da vivere con i consigli e le dritte dei “locals” che vivono in questo magnifico territorio.

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