Erano le 13:45 del 13 agosto 1935 quando un’ondata di acqua e fango, della portata di 30 milioni di metri cubi, travolse la valle d’Orba, arrivando fino a Ovada e raggiungendo addirittura Alessandria, spazzando via tutto ciò che trovò sul suo percorso e uccidendo più di cento persone.
È questa una delle più grandi catastrofi che riguardò non solo il Piemonte, bensì l’Italia intera. Il disastro è quello di Molare, piccolo comune del Monferrato, ai piedi dell’Appennino ligure.
La costruzione della prima diga – tra Molare (comune in provincia di Alessandria) e Rossiglione (già in Liguria) – venne approvata nel 1906 con lo scopo di produrre energia idroelettrica attraverso lo sfruttamento del torrente Orba. Si trattava – e si tratta tutt’ora – di un’opera ingegneristica all’avanguardia, progettata con grande attenzione, tanto da essere ancora oggi perfettamente integra. È l’unica testimonianza ancora visibile di questo disastro, causato dal cedimento della seconda diga, quella di sella Zerbino, poco più a valle e realizzata successivamente e sicuramente con meno accortezze.
A causare la terribile tragedia furono le fortissime piogge che iniziarono già all’alba: quella era stata un’estate particolarmente siccitosa, ma si è calcolato che il 13 agosto del 1935 cadde circa il 30% del totale delle piogge annue.
Nonostante la preoccupazione di addetti e ingegneri, la diga maggiore (la prima a essere costruita), anche se si verificò l’esondazione del bacino, si dimostrò solida e affidabile, mentre fu la seconda a collassare, riversando nell’Orba – già in piena – un impressionante fronte d’acqua e fango, alto 20 metri.
Il centro vero e proprio di Molare non venne quasi coinvolto, mentre l’acqua distrusse le vicine frazioni, travolgendo poi Ovada, Silvano e Capriata d’Orba, Predosa e, infine, arrivò addirittura ad Alessandria. Furono 111 le persone che persero la vita.
Negli anni successivi i periti si occuparono di indagare le cause del disastro: risultò che al momento della costruzione della seconda diga i rischi idrogeologici non erano stati valutati adeguatamente, finendo per realizzare un’opera di tale portata con tanta, troppa superficialità. Erano dodici le persone imputate, tra ingegneri, dirigenti e direttori dell’OEG (Officine Elettriche Genovesi), ma nel 1938 la Corte d’Appello di Torino assolse ognuno di loro, in quanto lo sbarramento sarebbe stato edificato senza violare alcuna legge, mentre le cause vere e proprie del disastro dovevano essere ricercate esclusivamente nell’eccezionalità delle precipitazioni di quel giorno. E fu così che per questa tragedia nessuno pagò.
Oggi è ancora possibile ammirare la diga maggiore, la prima a essere realizzata, nonché la più robusta e sicura. È possibile raggiungerla attraverso due sentieri. Quello più breve e con meno salita misura solamente 850 m e ha 40 m di dislivello, ma parte proprio dal torrente Orba, che è necessario guadare (a meno che non sia estate e abbia piovuto molto poco, l’acqua può arrivare anche al bacino), mentre il più lungo inizia dal comune di Rossiglione, con un percorso di 1,6 km e un dislivello di circa 90 m, senza, però, presentare difficoltà (per questo consiglio il secondo).
La diga è percorribile, ma sempre con estrema attenzione, infatti le balaustre laterali non sono integre e il piano di calpestio è irregolare e spesso presenta della vegetazione.
Visitare questo luogo trasmette sensazioni difficilmente descrivibili a parole o con immagini: si percepisce, in qualche modo, la tragedia di cui fu protagonista ed è impossibile non immedesimarsi in coloro che quel disastro lo hanno vissuto per davvero, che siano o meno sopravvissuti.
Coordinate per l’inizio del sentiero breve: 44.5713358, 8.6059675
Coordinate per l’inizio del sentiero lungo: 44.5627426, 8.6125161
Distanza da: Cremolino 4,5 km; Ovada 4,9 km; Tagliolo Monferrato 7,7 km; Rocca Grimalda 10 km; Morsasco 11 km; Acqui Terme 18 km.