Il paese di Rosignano Monferrato è tra i luoghi più ricchi di storia (un castello antico, gli “Statuti”, cioè il codice delle leggi locali, del 1306, la chiesa di Sant’Antonio, eretta nel XIII secolo, la Parrocchiale di San Vittore Martire, il Santuario della Madonna delle Grazie, edificata nel XVI secolo) del Basso Monferrato.
Rosignano sorge su un alto promontorio, da dove si scorgono delle straordinarie vedute sulle colline del casalese, immortalate un secolo fa da Angelo Morbelli e rimaste intatte nel tempo, miracolosamente. Da segnalare il «Geopercorso di Rosignano Monferrato»: una passeggiata tra i mari tropicali della Pietra da Cantoni.
Tra i grandi personaggi del paese, una figura, già valorizzata dalla comunità e dalle amministrazioni monferrine, è il liutaio Arnaldo Morano (1911-2007), la cui memoria e soprattutto il lavoro di liutaio si trasmettono a Casale grazie al liutaio Gabriele Negri, restauratore e collezionista di strumenti ad arco, allievo e collaboratore di Morano dal 1976 al 1982. Insieme a Negri, chi scrive, rimandando all’opera di Morano, ha riflettuto sugli anniversari mancati, fino ad ora, per ricordarlo con un convegno o una mostra di liuteria. A quindici anni dalla morte, infatti, un’esposizione internazionale su Morano e sulla tradizione monferrina legata alla liuteria e in particolare alla storia del violino (che svilupperemo in altra sede con un saggio) ci appare ora assai opportuna.
Arnaldo Morano nacque a Torino l’8 gennaio 1911. È considerato uno dei migliori costruttori e restauratori di strumenti ad arco della nostra epoca. La sua vita comprende quasi un secolo di storia e la sua attività è durata per settant’anni. Durante la sua infanzia la famiglia si trasferì prima a Montecarlo, poi a Montiglio per ritornare definitivamente a Rosignano verso il 1921. Il padre era falegname e Arnaldo, terminate le scuole elementari, entrò subito in bottega per aiutarlo. Da adolescente iniziò lo studio del violino con uno strumento mediocre, ricevuto in prestito, ma subito dopo, spinto dall’esigenza di averne uno proprio, a quindici anni circa, senza aver ricevuto alcun insegnamento, ne costruì uno.
Verso il 1929, nel corso di una semplice visita al liutaio Piero Gallinotti (1885-1979), ricevette alcune indicazioni sommarie, ma comunque preziose, sulla costruzione degli strumenti ad arco e a pizzico. Grazie all’attenta osservazione di strumenti d’autore, Morano proseguì con determinazione e singolare intuito e talento il percorso di autodidatta.
Nel 1931, su commissione del Regio Conservatorio di Torino, realizzò il suo primo quartetto su modelli personali. Negli strumenti del primo periodo, Morano utilizzò delle vernici realizzate da lui con resine naturali sciolte in alcol. Successivamente, dalla fine degli anni Trenta, il liutaio elaborò una vernice a base di olio di lino e resine naturali che adoperò, equilibrandone gradualmente la formula, per tutto il resto della sua carriera.
Arruolato nel Regio Esercito, Morano fece la guerra d’Africa dal 1935 al 1937. Poi, nel 1938, aprì un laboratorio a Torino, in Corso Cairoli, dove riprese a operare come liutaio con successo, dedicandosi alla costruzione e al restauro.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, si stabilì in un nuovo atelier, in via Mazzini, di fronte al Conservatorio. Nel 1949 in occasione delle Celebrazioni dedicate a Stradivari, partecipò al Concorso Internazionale di Liuteria, dove vinse, con un violino, il primo premio.
A Torino, Morano si trasferì poi in Corso San Maurizio 20 bis. Dal 1967 fino al 2007, visse e operò (come liutaio fino al 1982, anche se terminò una viola nel 2002 e un violino nel 1984, presentato a Monaco di Baviera il 14 marzo 1992) a Rosignano Monferrato. Come ha osservato Negri: «Forse per il suo carattere riservato e schivo, Morano non si curò mai di promuovere i propri strumenti e la propria immagine, tanto meno di instaurare rapporti con commercianti che forse avrebbero contribuito a divulgare il suo operato in ambito internazionale». Analizzando il lavoro di Morano, si può facilmente notare che gli strumenti costruiti nel primo periodo di attività hanno un carattere molto personale e spontaneo e sono apprezzabili, nonostante alcune ingenuità stilistiche. Nella produzione successiva, quella degli anni Quaranta, si nota, invece, una decisa evoluzione, poiché Morano assimilò gradualmente modelli e soluzioni progettuali dagli strumenti classici che aveva occasione di restaurare. I principali modelli utilizzati sono ispirati a quelli di Antonio Stradivari, Giuseppe Guarneri del Gesù e Giovanni Battista Guadagnini.
La produzione di Morano è stata numericamente limitata perché il liutaio ha sempre preferito l’elemento qualitativo. È prevalso, soprattutto, nelle sue scelte lavorative, il tempo da dedicare al restauro d’importantissimi strumenti. Rilevante, ricorda Negri, il lavoro sulla viola Maggini appartenuta al violista Dino Asciolla, quando Morano fece qualcosa di eccezionale, realizzando una splendida copia: «un esempio di bravura». Tra le mani di Morano sono passati, inoltre, i violini Stradivari “Van Houten”, del 1701, più noto come “Kreutzer” di Uto Ughi (“Kreutzer” perché appartenne a Rodolphe Kreutzer, il violinista cui Beethoven dedicò la famosa Sonata numero nove in la maggiore op. 47); il “Bush” o Stradivari ex-Busch (della famiglia Serkin), suonato dalla concertista Pina Carmirelli; il “Duc de Camposelice” del 1710; il “Rivaz” del 1707, noto anche come “Dragonetti”; infine il “Nachez” del 1709.