Rocca delle Donne, piccola frazione di Camino Monferrato, deve il suo nome al Monastero che qui vi fondò, nel 1167, il Marchese Guglielmo di Monferrato, detto il Vecchio.
La data non è certa perché molto probabilmente il Convento era preesistente e Guglielmo si limitò ad ampliarlo ed arricchirlo.
Quel che è certa, invece, è l’estrema generosità del Marchese, che donerà al Convento vasti possedimenti per il suo stretto sostentamento, tra cui un uliveto, una tenuta agricola e, soprattutto, la piena giurisdizione su uomini, animali ed edifici presenti nel territorio della Rocca e dei paesi di Camino e Castel San Pietro!
Il mistero è presto risolto quando si apprende che nel Convento risiedevano sia la sorella che la figlia prediletta del Marchese, Agnese. Quest’ultima, infatti, ripudiata dal marito, era stata costretta a prendere i voti, com’era costume del tempo, e si era stabilita qui, non troppo lontano dalla sua famiglia. Questo spiega perché un piccolo Monastero di campagna, improvvisamente, divenne meta di aristocratici e alti prelati che facevano addirittura a gara per andare ad omaggiare le principesse della famiglia più potente del Monferrato, gli Alerami.
Tanto che, più che un Convento, quello di Rocca delle Donne, nel giro di poco tempo, assunse l’aspetto e soprattutto le consuetudini di una corte feudale, punto di ritrovo di cavalieri e intellettuali del tempo, che spesso non si limitavano a visite fugaci, ma a lunghi e rigeneranti soggiorni tra le accoglienti mura dell’edificio e le altrettanto accoglienti braccia delle monache…
Il fior fiore delle nobili fanciulle del Monferrato venivano inviate proprio qui, per prendere i voti, ma senza dover rinunciare all’agiatezza e alla libertà cui erano certamente abituate.
Nei secoli successivi la situazione andò degenerando, tanto che la rilassatezza dei costumi, gli agi smodati, le visite continue divennero la normalità.
Agli Alerami, nel frattempo, erano subentrati i Paleologi e sarà proprio il Marchese Bonifacio ad informare il Papa di quanto accadeva lassù, al Convento.
Papa Alessandro VI Borgia (… da che pulpito!) accusò pubblicamente le monache e la badessa di condurre una vita eccessiva e sregolata.
La punizione fu severa: il Papa ordinò che tutti i beni del Convento venissero assorbiti dal Monastero di Santa Chiara, di Casale Monferrato, e tutte le monache trasferite.
Cosa fecero le monache?
Si rifiutarono di obbedire! Tanto che cinque anni dopo, nel 1497, sono ancora nel Convento e mantengono inalterate le loro abitudini.
Di fronte a tale affronto, il Papa non poteva che reagire duramente. Non tanto per la questione morale in sé quanto, soprattutto, per l’affronto pubblico.
Ne fece le spese perfino il cappellano delle monache che venne incarcerato nel Castello di Casale Monferrato.
Del Convento di Rocca delle Donne, con il tempo, non rimase che il ricordo e ben presto si trasformò in un rudere, anche se la piccola frazione mantenne nel proprio nome il ricordo dell’antica destinazione.
Chi conosce il detto: “Dio non fa mai chiesa, che il Diavolo non ci pianti sua cappella”?
E anche in questo caso, ne siamo certi, non poté fare a meno di metterci il suo zampino sulfureo!