Tra gatti, battezzati con la lettera M, pappagalli, colombi, gazze, ricci, una volpe, il tasso e la poiana d’inverno, vive e lavora a Camino, nel Basso Monferrato, il pittore Camillo Francia, bon vivant e grafico-editoriale. «I gatti – osserva Francia – non vogliono essere chiamati»! Vengono in casa, infatti, con l’aria da bulli, escono quando vogliono loro. Sono, però, inseparabili dall’artista: Modì, Mirò (con la M sulla fronte) e Matisse.
La scelta di Camino non è stata un caso. Francia ammirava Enrico Colombotto Rosso, che lì abitava, in una vecchia e splendida, seppur inquietante, dimora con giardino interno. Così Francia, negli anni Novanta, non ci ha pensato due volte e si è trasferito a lavorare tra le colline di Camino, felice di essere accanto a Colombotto Rosso. Il pittore torinese morì, in Monferrato, il 16 aprile 2013. Francia, fino alla fine, gli è stato vicino, unico fedele amico.
L’atelier di Francia si trova al primo piano di una vecchia cascina, dove un tempo risiedeva il podestà del paese. Attorno alla proprietà c’è un ettaro di terreno, che comprende il boschetto e gli spazi dove l’artista raccoglie le erbe per fare i friciulin e le verdure che mette in vasetti, come l’antipasto piemontese “agrodolce”, sua specialità.
Camillo Francia è nato a Casale Monferrato il 30 gennaio 1955.
Era un bambino inseparabile dal suo giocattolo preferito: la «valigetta del pittore», che portava ovunque, anche a scuola. Autodidatta, a quindici anni, Francia aprì il suo primo studio, grazia alla madre. Si dedicò al disegno a china, in una città di provincia, ma dalle solide tradizioni artistiche. Nel 1970 il giovane artista si trasferì a Milano per occuparsi di restauro di dipinti, antichi e moderni.
Nel 1979, Francia realizzò un gruppo di disegni ispirati alle poesie di Prévert, Eluard, Apollinaire e Baudelaire, che furono presentati in volume da Davide Lajolo e recensiti da Mario Pomilio. Diventò un figurativo surrealista, cercando una strada, assai lunga e faticosa, fatta di lavoro solitario.
Oggi, Francia è uno dei più amati pittori contemporanei, informale, astratto.
La sua pittura è caratterizzata da vivacissimi colori primari intrecciati in soluzioni informali molto innovative, che lo apparentano alla tradizione dell’espressionismo astratto europeo.
Nel 2005, Vittorio Sgarbi ha tracciato questa esatta valutazione dell’opera di Francia: «È un pittore dell’immagine astratta, che ha conservato una forte nostalgia nei confronti della figurazione. La sua gestualità informale compone tasselli cromatici fortemente allusivi, a proposito dei quali si può ben sottolineare la capacità di rovesciare i canoni del vero riconoscibile, reinventandone tipologia e struttura. Egli sembra così accostarsi a quei maestri del passato, che volevano attuare la loro ricerca analitica superando, senza tuttavia rinnegarli, i confini del verismo e del realismo.
Calcolando e distribuendo colori e spazi in modo contrappuntistico, questo artista sa elaborare una sorta di scrittura rapida e immaginosa, elaborata con evidenza attraverso una riflessione approfondita sull’essenza dell’immagine. In questi lavori si sottolinea il carattere ingannevole della forma, e quindi emerge l’espressività sussurrata di una intelligenza introversa, nobilmente espressiva nei giochi ritmici con cui traduce il suo impulso creativo. Il rapporto tra la materia pittorica e il gioco segnico si stabilisce in masse dinamiche piuttosto ermetiche, ma molto ben concluse nella dialettica spaziale che stabiliscono con i fondi. Pittore eminentemente gestuale, Francia mette in luce, in modo emblematico, eventi costituiti da proliferazioni segniche, che appaiono come prodotte spontaneamente da una natura libera e incontaminata. Questo modo di distendere il colore definisce quindi strutture armoniche che, pur nella compiutezza appagante dell’insieme, sottintendono tensioni e rielaborazioni di un pensiero problematico.
La manipolazione della materia cromatica traccia rugosità, distende forme arcuate e ariose, ma soprattutto si accende in improvvise illuminazioni, che si concretizzano come corpi astrali o come narrazioni visive dell’inarrestabile ciclicità delle stagioni. Dalla lezione storica del lirismo informale Francia ha tratto il tocco magico e alchemico che trasmuta la materia in effusioni spaziali, obbedendo alle regole e alle imprevedibilità di un patto amoroso. La sua coscienza pittorica affronta il mistero di un vero irraggiungibile, ma sempre presente come intuizione generativa del suo comporre, approdando infine all’enunciazione di presenze immanenti e precarie come residui di esperienze oniriche. La forma destrutturata si ricompone quindi in sinfonia e si ricostruisce fino ad attuare una personalissima significatività espressiva, caratterizzata da prevalenze tonali che tendono, in ultima analisi, alla monocromia».
Francia ama il suo buen retiro monferrino, i suoi gatti, la sua libertà.
La sua opera, che semplicisticamente potrebbe sembrare un esplicito riferimento iconografico, come ha già osservato Sgarbi, diventa, invece, un sottile e divertente gioco di mascheramento.
Ama il rosso, il colore che si trasforma in terribile fiamma nelle sue tele. Chi scrive ammira l’opera di Camillo Francia, pittore alto, irraggiungibile.
E poi, come non innamorarsi dei suoi colori, che rispecchiano un’anima equilibrata, anch’essa alta e irraggiungibile?
Info: STUDIO CAMILLO FRANCIA – Via Ombra, 2 – 15020 Camino (AL). Mail: camillo.francia@libero.it