Tartufo del Monferrato

Alla scoperta del tartufo nero pregiato del Monferrato

Oltre al Bianco della Valle Ghenza il nostro Monferrato è ricchissimo anche di tartufo nero pregiato

È il suo periodo dell’anno. Dove i vari borsini regionali ne vedono schizzare il prezzo a ritmi sempre più importanti. Certo, non con la stessa incidenza del più celebre Bianco del Monferrato, capace di raggiungere cifre da capogiro, ma negli ultimi anni il tartufo nero pregiato sta scalando sempre più posizioni nell’indice di gradimento globale.

Forte dell’influenza francese con il suo rinomatissimo tartufo nero del Pèrigord e dal sempre più crescente interesse negli Stati Uniti, il tuber melanosporum è ormai considerato un vero “diamante della cucina”.

Il più celebre tartufo nero pregiato in Italia è quello di Norcia ma anche quello piemontese si difende bene con Monferrato, Langhe e Roero come spesso capita davanti a tutti. Il tartufo nero pregiato si sviluppa insieme ad alberi di latifoglie come querce, noccioli e carpini adattandosi a terreni sedimentari, soffici e ben drenati. Questa è la combinazione vincente per una maturazione che può iniziare nel mese di settembre, ma che vede la sua predominante proliferazione fra dicembre e marzo.

Il Nero Pregiato ha una forma tondeggiante la cui dimensione può variare molto. Il suo peridio ha una colorazione scura e presenta delle rughe. La gleba è nero-rossastra con venature bianche e sottili. A causa del suo sapore dolciastro spesso viene anche chiamato tartufo dolce.

La differenza sostanziale rispetto al Bianco è la sua versatilità in cucina. Si presta bene per preparazioni crude, ma risulta ancora più travolgente quando viene cotto. L’esposizione al calore infatti gli permette di sprigionare il suo aroma inconfondibile diventando insuperabile nelle mantecature.

Fin dall’antichità il tartufo è sempre stato avvolto da un’aura mitica e di mistero. Dal supposto potere afrodisiaco dell’epoca romana, si arriva oggi a vere e proprie leggende circa i luoghi di battuta dei trifalau (cercatori di tartufo) insieme ai loro tabui (cani da riporto).

Tartufo nero nel Monferrato
© Francesca Agate

Seppur le tecniche culturali hanno portato sempre più alla realizzazione di tartufaie, non mancano i cavatori che ancora oggi perlustrano giorno e notte anfratti boschivi, nascosti dal tempo e dalla tradizione.

Armati di liga e vanghetto i trifolai ispezionano intere zone senza dare troppo nell’occhio. Ogni buca va ricoperta, perché spesso i tartufi crescono sempre nella stessa posizione. Il ristagno dell’acqua piovana farebbe poi marcire il fungo durante l’inverno successivo oltre che avvantaggiare nuovi trifolai che vedendo una zona di scavo scoprirebbero la bontà di quel terreno.

Perché se è vero che la Carta della Potenzialità diramata dalla Regione Piemonte suddivide in percentuali d’intensità l’intero territorio, i veri esperti dicono che qualche volta le sorprese non mancano. E così quando nelle piazze di vendita, fra un banchetto ed un curioso di troppo, qualcuno dice di aver trovato una pezzatura importante in un’area verde dislocata a pochi passi da un centro abitato non è inverosimile credergli.

Un viaggio tutto da vivere con i consigli e le dritte dei “locals” che vivono in questo magnifico territorio.

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